PENINSULART
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Foto di Raffaele Gargiulo

 

La Penisola

Il mare da solcare, il tufo da scolpire, l’attesa da ingannare, la terra da plasmare, il legno da intagliare, i tramonti da immortalare, le case da arredare, i vestiti da indossare… sono le necessità quotidiane che da sempre gli uomini e le donne della penisola sorrentina hanno trasformato in occasioni per realizzare qualcosa che non fosse solo funzionale e utile, ma anche bello.

gozzoDall’epoca romana e fino al 1834, a causa dell’assenza di una strada agevole che oltrepassasse le colline e collegasse la penisola al mondo esterno, gli abitanti della penisola hanno guardato al mare e hanno sviluppato una tradizione cantieristica che non si è limitata a costruire semplici barche, ma ha dato vita a imbarcazioni quali la feluca e il gozzo, le cui caratteristiche - leggerezza, velocità, eleganza - le ha rese famose non solo per le ottime prestazioni nella pesca e nel commercio, ma anche nel trasporto: gli aristocratici stranieri che durante il Gran Tour arrivavano in penisola da Napoli spesso arrivavano via mare e avevano così modo di ammirare prima di ogni altra cosa l’imponente costone tufaceo, che costituisce l’anima e l’essenza stessa della penisola sorrentina.

2Il tufo delle coste sorrentine, poroso e leggero, con il suo tipico colore bruno-grigiastro, è stato utilizzato per la costruzione di abitazioni abbellite all’interno e all’esterno con decori scolpiti nella pietra sorrentina. I giardini privati, gli agrumeti e gli spazi pubblici sono stati arredati con muretti, pozzi e soprattutto statue in tufo, la più importante delle quali è certamente la statua del patrono di Sorrento, s.Antonino, posta in piazza Tasso.

3Le terre della penisola sorrentina su cui si ergono i maestosi agrumeti sono state per secoli fonte di materia prima delle fornaci locali, dedite alla produzione di mattoni, non solo per l’edilizia, ma anche per i tradizionali forni da pizza. E se le case erano fresche d’estate e calde d’inverno, le cantine scavate nel tufo, ben arieggiate, erano l’ambiente ideale per la conservazione degli alimenti, del vino, e per la stagionatura del legno.

IntarsioProprio il legno, dal XVI secolo a oggi è stato un altro protagonista dell’artigianato sorrentino: la tarsia lignea e l’ebanisteria locale, note per la loro raffinatezza, per la complessità e per l’originalità dei disegni e dei mosaici - realizzati a due colori e in policromia -, hanno raggiunto la loro fama entrando nelle case con quadri, mobili, tavolini, cassoni nunziali, oggetti da scrittoio e, soprattutto, con i tipici cassettini portagioie.

GioelliE con i gioielli gli artigiani locali hanno mostrato la propria perizia e la propria creatività nella lavorazione dei metalli e delle pietre, rievocando in collane, spille, anelli, bracciali e altri ninnoli il legame tra la terra e il mare: i colori e le forme lasciano trasparire la leggerezza delle onde, la morbidezza delle foglie, la solidità della roccia. Tutto richiama la vita sottomarina e terrestre.

6Proprio la vita quotidiana, i volti e le scene agresti sono stati ritratti da pittori che, dopo aver viaggiato fuori dalla penisola, sono tornati a Sorrento, ancora una volta pronti a lasciarsi sorprendere dalla bellezza del tramonto, dalla furia del mare, dal fascino di un vicolo, dai colori di un mercato, dallo sguardo di un altro artigiano, magari chino sul tornio o intento a dipingere un vaso.

7La ceramica, ereditata dalla vicina costiera amalfitana, è stata subito declinata secondo i canoni estetici sorrentini: motivi floreali e zoomorfi, colori bruniti, la predilezione per il verde e per il giallo, ma anche l’assenza di colore per un richiamo alla terra viva. La ceramistica ha trovato applicazione ed espressione non solo nella tradizionale oggettistica e nel vasellame, ma anche nella riproduzione di scene popolari e dei presepi.

8Espressione religiosa popolare, il presepe è stato e viene ancora oggi realizzato a Sorrento con materiali diversi: ceramica, tufo, legno, vetro, metallo… la riproduzione delle scene sacre a opera degli artigiani locali da sempre trova spazio nelle chiese, nelle canoniche e nelle case.

9Proprio nelle case, durante le lunghe ore trascorse ad aspettare il rientro dei marinai, si è sviluppato un artigianato tutto al femminile, tramandato - come nella migliore tradizione dei laboratori e delle botteghe - da maestra ad allieva, da madre a figlia, per generazioni: il ricamo e la sartoria. Le donne della penisola hanno dato vita a motivi e punti di ricamo per la realizzazione di pizzi e merletti che per generazioni sono stati parte dell’eredità familiare: corredi nunziali, abiti, la conoscenza della tecnica di ricamo.

10Oggi, la feluca non viene più costruita, ma il gozzo resta l’imbarcazione più apprezzata e utilizzata dai sorrentini. Le strade, i giardini e gli agrumeti sono ancora delimitate dai muri in tufo, ma le fornaci tradizionali sono quasi del tutto scomparse. Nelle famiglie si tramandano ancora i segreti dell’arte del ricamo, i presepi vengono realizzati da artigiani che lavorano i materiali tradizionali sperimentando nuove tecniche e nuovi linguaggi. Allo stesso modo, la lavorazione della ceramica e la pittura si rinnovano nelle espressioni dei più giovani, che guardano anche alle nuove arti e ai nuovi mestieri: fotografia, sperimentazione di nuovi materiali, riutilizzo di ciò che sembra vecchio ma che ha ancora tanto da raccontare.

11I mestieri che i valloni, le coste, il mare e le colline della penisola sorrentina hanno ispirato, e che sono sopravvissuti all’industrializzazione dei processi produttivi e alle crisi economiche, hanno bisogno di rinnovare la popolazione artigiana: hanno bisogno di giovani pronti a sporcarsi le mani, pronti ad amare le materie prime, le tecniche e le espressioni di ciascun mestiere.

12I giovani, con la loro vitalità, la loro sensibilità e la loro voglia di novità e di innovazione possono mantenere vivo il passato di un intero territorio e, dunque, l’identità di un intero popolo. Possono portarli nel futuro. Molte sono infatti le conoscenze che sono andate perdute perché nessuno le ha ereditate, ma molte sono quelle per cui c’è ancora chi è pronto a tramandare, a raccontare.

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